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Misuratori di pressione

Come si misura la pressione?

Molti metodi meccanici per misurare la pressione sono noti da secoli. I manometri a U sono stati tra i primi indicatori di pressione. Si trattava di tubi in vetro, graduati a seconda delle esigenze. Tuttavia, la loro grandezza eccessiva, scomodità e inadeguatezza all'integrazione in loop di controllo automatici ne ha limitato la diffusione all'ambito del laboratorio e all'utilizzo come indicatori locali. A seconda della pressione di riferimento utilizzata, possono indicare pressione assoluta, relativa e differenziale.

I trasduttori di pressione differenziale sono molto usati nella misura della portata, essendo progettati per misurare la pressione differenziale in un elemento venturi, un foro o un altro tipo di elemento primario. Il differenziale di pressione rilevato è legato alla velocità di flusso e, di conseguenza, alla portata volumetrica. Molte caratteristiche dei moderni trasmettitori di pressione derivano dai trasduttori di pressione differenziale. Questi, infatti, possono considerarsi il modello di partenza per tutti i tipi di trasduttore di pressione.

La pressione "relativa" si definisce in base alle condizioni atmosferiche. Dove si utilizzano le unità inglesi, la pressione relativa si indica aggiungendo una "g" alle unità. Di conseguenza, l'unità "pounds per square inch gauge" si abbrevia in "psig". Utilizzando le unità ingegneristiche SI, invece, occorre aggiungere "gauge" alle unità utilizzate, come in "Pa gauge". Quando la misura della pressione è in unità assolute, il riferimento è il vuoto assoluto e l'abbreviazione "pounds per square inch absolute" diventa "psia".



Capita spesso che i termini manometro, sensore, trasduttore e trasmettitore di pressione vengono usati come sinonimi. Il termine manometro, solitamente, si riferisce a un sistema autonomo capace di convertire la pressione di processo nel movimento meccanico di un indicatore. Un misuratore di pressione può combinare il sensore di un manometro con un convertitore meccanico-elettrico o meccanico-pneumatico e una fonte di alimentazione. Un trasmettitore di pressione, invece, è un sistema di misura della pressione standardizzato composto da tre elementi base: un trasduttore di pressione, una fonte di alimentazione e un condizionatore/ritrasmettitore di segnale che converte il segnale del trasduttore in un'uscita standardizzata.

I trasmettitori di pressione possono inviare le misure eseguite mediante segnale pneumatico analogico (3-15 psig), elettronico analogico (4-20 mA CC) o elettronico digitale. Se il trasduttore si interfaccia direttamente con un sistema di acquisizione dati digitale e si trova ad una certa distanza dall'hardware di acquisizione dati, sono preferibili segnali di tensione in uscita elevati. Quando viaggiano per lunghe distanze, tali segnali devono essere protetti da interferenze elettromagnetiche e da radiofrequenze (EMI/RFI).

Ogni trasduttore di pressione ha delle caratteristiche prestazionali fondamentali. La precisione corrisponde al grado di conformità del valore misurato a uno standard accettato. Viene normalmente espressa come percentuale del fondo scala o della lettura effettiva dello strumento. Nel primo caso, l'errore aumenta al calo del valore assoluto della misura. La ripetibilità corrisponde al grado di omogeneità tra una serie di misure consecutive della stessa variabile. La linearità misura il modo in cui l'uscita del trasduttore aumenta all'aumentare della pressione. L'errore di isteresi descrive il fenomeno per cui una stessa pressione di processo dà origine a diversi segnali di uscita quando ci si avvicina alla pressione a partire da una pressione inferiore o superiore.

Dalla meccanica all'elettronica

I sensori dei primi misuratori di pressione erano elementi flessibili. La variazione della pressione provocava il movimento dell'elemento flessibile che, a sua volta, serviva per muovere un indicatore in un quadrante. Questi misuratori di pressione meccanici rilevavano la pressione di processo e provocavano un movimento corrispondente mediante un tubo Bourdon, una membrana o un soffietto.

I tubi Bourdon sono a forma di "C", con una sezione ovale e un'estremità collegata alla pressione di processo (Figura 3-1A). L'altra estremità è sigillata e collegata all'indicatore/meccanismo di trasmissione. È possibile aumentare la sensibilità estendendo gli elementi di un tubo Bourdon in spirali o bobine elicoidali (Figure 3-1B e 3-1C). Così facendo se ne aumenta la lunghezza angolare effettiva e, di conseguenza, si aumenta il movimento alla loro estremità, che a sua volta aumenta la risoluzione del misuratore di pressione.

Tra i misuratori di pressione flessibili si annoverano anche soffietti e membrane (Figura 3-2). Le membrane sono alquanto diffuse, perché richiedono meno spazio e il movimento (o forza) da esse prodotto è sufficiente al funzionamento di trasduttori elettronici. Sono disponibili in un'ampia serie di materiali, diventando idonee alla misura della pressione anche in applicazioni corrosive.

Dopo gli anni '20 i sistemi di controllo automatici si sono evoluti e, prima della fine degli anni '50, si è assistito alla diffusione di trasmettitori di pressione e camere di controllo centralizzate. L'estremità libera dei tubi Bourdon (soffietto o membrana) non veniva più collegata a un indicatore locale, bensì veniva usata per convertire la pressione di processo in un segnale (elettrico o pneumatico). Inizialmente il collegamento meccanico era legato a un trasmettitore di pressione pneumatica che, di norma, generava un segnale di uscita da 3-15 psig da trasmettere per diverse centinaia di metri o perfino più lontano, se si disponeva di ripetitori di amplificazione. In seguito, con la maturazione dei dispositivi elettronici a stato solido e l'aumento delle distanze di trasmissione, i misuratori di pressione sono diventati elettronici. I primi modelli generavano uscite di tensione CC (10-50 mV; 1-5 V; 0-100 mV), per poi essere standardizzati come segnali di uscita in corrente CC da 4-20 mA.

Le limitazioni dei dispositivi meccanici di bilanciamento del movimento hanno condotto all'introduzione dei trasduttori a bilanciamento di forza e dei trasduttori a stato solido. I primi estensimetri a filo non vincolato sono comparsi alla fine degli anni '30. Tali dispositivi prevedevano la misura della resistenza di un filo collegato a una struttura sottoposta a deformazione. Il modello, tuttavia, era instabile e non riusciva a mantenere la calibrazione. Si registravano anche altri problemi relativi alla degradazione del legame tra il filo e la membrana e alle isteresi causate dalla deformazione termoelastica del filo.



La ricerca di sensori migliori nella misura di deformazione e pressione ha portato all'introduzione di estensimetri vincolati a film sottile e, infine, a semiconduttore diffusi. Inizialmente sono stati sviluppati per il settore automotive, per poi estendersi al campo generico della misura/trasmissione della pressione in applicazioni industriali e scientifiche. I misuratori di pressione semiconduttori sono sensibili, economici, precisi e offrono un'ottima ripetibilità (per ulteriori dettagli sul funzionamento degli estensimetri, v. Capitolo 2).

Molti misuratori di pressione pneumatici sono ancora in uso, specialmente nell'industria petrolchimica. Tuttavia, con la centralizzazione e la computerizzazione dei sistemi di controllo, questi dispositivi sono stati sostituiti dai trasmettitori elettronici, prima analogici e poi digitali..

Tipi di trasduttori

La Figura 3-3 fornisce una panoramica generale per tutte quelle persone che potrebbero trovarsi a dover scegliere un rilevatore di pressione tra i molti tipi disponibili. La tabella illustra le gamme di vuoti e misure della pressione che i diversi tipi di sensore sono in grado di rilevare, oltre che i riferimenti interni (vuoto o pressione atmosferica) utilizzati.

I trasduttori di pressione elettronici sono estremamente utili per l'acquisizione di dati industriali/di laboratorio e nelle applicazioni di controllo, di conseguenza la presente sezione mira a illustrarne i principi di funzionamento, elencandone i pro e i contro.

Estensimetri

Quando un estensimetro, come descritto nel Capitolo 2, viene utilizzato per misurare la deflessione di una membrana elastica o di un tubo Bourdon, questo diventa il componente di un trasduttore di pressione. Questo genere di trasduttore di pressione è ampiamente utilizzato.

Serve per misurare pressione a campo stretto e differenziale. Essenzialmente, gli estensimetri si usano per misurare lo spostamento di una membrana elastica dovuto alla differenza di pressione nella stessa. Se l'apertura di bassa pressione viene lasciata esposta all'atmosfera rilevano la pressione relativa o, se collegati a due pressioni di processo, la pressione differenziale. Se il lato di bassa pressione è un riferimento di vuoto sigillato, il trasmettitore agisce come un trasmettitore di pressione assoluta. Gli estensimetri sono in grado di misurare la pressione a partire da 3 pollici d'acqua fino a 200.000 psig (1400 MPa). Il tasso di imprecisione spazia dallo 0,1% (span) fino allo 0,25% (fondo scala). Altre fonti di errore potrebbero essere una deviazione dello 0,25% (fondo scala) dopo sei mesi e un effetto di temperatura (fondo scala) dello 0,25% per 1000¡ F.

Trasduttori capacitivi

I trasduttori di pressione capacitivi, inizialmente, sono stati sviluppati per l'uso in applicazioni a basso vuoto. La variazione capacitiva deriva dal movimento di un elemento a membrana (Figura 3-5). La membrana, generalmente, è in metallo o quarzo rivestito in metallo ed è esposta alla pressione di processo da un lato e alla pressione di riferimento dall'altro. A seconda del tipo di pressione, il trasduttore capacitivo può essere un trasduttore di pressione assoluta, relativa o differenziale.

Il materiale più comunemente usato per le membrane è l'acciaio inossidabile, anche se nelle applicazioni corrosive le leghe in acciaio ad alto contenuto di nickel, come l'Inconel o l'Hastelloy, garantiscono prestazioni migliori. In questo genere di applicazioni altamente corrosive a temperature elevate si utilizza anche il tantalio. In alcuni casi particolari si usano membrane d'argento per misurare la pressione di cloro, fluoro e altri alogeni allo stato elementale.

Nei misuratori di pressione capacitivi si utilizza un oscillatore ad alta frequenza e tensione per caricare gli elettrodi di rilevamento. Nei condensatori a due piastre si rileva il movimento della membrana tra le piastre, che indica le variazioni nella misura della pressione di processo. Come illustrato dalla Figura 3-5, la deflessione della membrana provoca una variazione capacitiva rilevata da un circuito a ponte. Il circuito può funzionare in modalità bilanciata o non bilanciata. In modalità bilanciata, la tensione in uscita viene indirizzata verso un indicatore di zero e la variazione ai capi del condensatore consente di mantenere il ponte sullo zero. Di conseguenza, in modalità bilanciata l'impostazione stessa dello zero costituisce una misura della pressione di processo. In modalità non bilanciata, invece, la misura della pressione di processo è legata al rapporto tra la tensione in uscita e la tensione di alimentazione.

Sono diffusi anche i condensatori a piastra singola. In questi modelli, la piastra si trova sul lato posteriore della membrana e la capacità variabile è una funzione della deflessione della membrana. Di conseguenza la capacità rilevata indica la pressione di processo. La capacità viene convertita in una corrente diretta o in un segnale di tensione, che può essere letto direttamente da un misuratore o da una scheda di ingresso/uscita con microprocessore.

I trasduttori di pressione capacitivi sono ampiamente diffusi, in parte grazie alla loro ampia elasticità, da vuoti nella scala dei micron fino a 10.000 psig (70 MPa). Possono misurare prontamente pressioni differenziali ridotte, fino a 0,01 pollici d'acqua. Inoltre, in confronto agli estensimetri, la deviazione è trascurabile. Sono disponibili modelli migliori, con precisione fino a 0,1% (lettura) o 0,01% (fondo scala). L'effetto di temperatura tipico è 0,25% (fondo scala) per 1000¡ F.

I sensori capacitivi sono spesso utilizzati come standard secondari, specialmente in misure a basso differenziale e con pressione assoluta ridotta. Sono molto reattivi, poiché la distanza che la membrana deve fisicamente percorrere ammonta a pochi micron. I trasduttori di pressione capacitivi più recenti resistono meglio alla corrosione e sono meno sensibili a capacità parassita e agli effetti delle vibrazioni che, nei vecchi modelli, provocano "tremolii nella lettura".

Sensore di pressione potenziometrico

Il sensore di pressione potenziometrico costituisce un metodo semplice per ottenere un'uscita elettronica da un misuratore di pressione meccanico. Il dispositivo è composto da un potenziometro di precisione, il cui cursore è meccanicamente collegato a un Bourdon o un soffietto. Il movimento del cursore sul potenziometro converte la deflessione del sensore rilevata a livello meccanico in una misura di resistenza, utilizzando un circuito a ponte di Wheatstone (Figura 3-6).

La natura meccanica dei collegamenti tra il cursore e il tubo Bourdon, i soffietti o la membrana comporta inevitabili errori nella misura della pressione. Gli effetti della temperatura provocano ulteriori errori, a causa delle differenze nei coefficienti di espansione termica dei componenti metallici del sistema. Altri errori possono essere causati dall'usura meccanica dei componenti e dei contatti.

I trasduttori potenziometrici possono essere estremamente piccoli e installati in spazi molto ristretti, ad esempio dentro la custodia di un manometro a quadrante da 4,5 pollici. Forniscono inoltre un'uscita forte, che può essere letta senza mezzi aggiuntivi di amplificazione. Ciò ne consente l'utilizzo in applicazioni a bassa potenza. Inoltre sono economici. I trasduttori potenziometrici rilevano pressioni tra 5 e 10.000 psig (35 KPa ... 70 MPa). La loro precisione rientra tra lo 0,5% e l'1% (fondo scala), escludendo deviazioni ed effetti della temperatura.

T. I trasduttori di pressione a filo risonante sono stati introdotti alla fine degli anni '70. Questi modelli (Figura 3-7) sono composti da un filo bloccato alle estremità da un elemento statico e dalla membrana di rilevamento. Un circuito provoca l'oscillazione del filo alla frequenza di risonanza. Una variazione nella misura della pressione modifica la tensione del filo, che a sua volta cambia la frequenza di risonanza. Un circuito contatore digitale ne rileva lo spostamento. Poiché questa variazione di frequenza può essere rilevata con precisione, i trasduttori di questo tipo possono essere utilizzati in applicazioni a bassa pressione differenziale, oltre che per il rilevamento di pressioni assolute e relative.

Il principale vantaggio dei trasduttori di pressione a filo risonante è la generazione spontanea di un segnale digitale che può essere inviato direttamente a un clock a cristallo stabile in un microprocessore. Gli svantaggi includono la sensibilità alle variazioni di temperatura, la mancanza di linearità del segnale di uscita e una certa sensibilità a urti e vibrazioni. È possibile minimizzare queste limitazioni mediante l'utilizzo di un microprocessore, compensando così la mancanza di linearità e le variazioni di temperatura ambiente e di processo.

I trasduttori a filo risonante rilevano pressioni assolute da 10 mm Hg, pressioni differenziali fino a 750 poll. d'acqua e pressioni relative fino a 6.000 psig (42 MPa). La precisione tipica equivale allo 0,1% (span calibrato), con una deviazione dopo sei mesi dello 0,1% e un effetto di temperatura dello 0,2% per 1000¡ F.
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